Un sostegno concreto all’associazione UnicheUnite: Coop Reno per il 25 novembre

In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, Coop Reno ha deciso di far indossare una spilla speciale a tutte le dipendenti e i dipendenti della cooperativa. Una spilla simbolo di resistenza e di solidarietà: la spilla dell’associazione UnicheUnite, un simbolo di resistenza che rappresenta bene la voglia di far sentire alle donne che subiscono violenza quel concetto di unità e di solidarietà che le possa aiutare.

L’associazione UnicheUnite è uno spazio di resistenza, solidarietà e lotta per i diritti di tutte e tutti è nata due anni fa, quando un gruppo di lavoratrici ha deciso di non arrendersi di fronte alla crisi che ha colpito La Perla, storica azienda bolognese. Tutto è cominciato nel 2023, quando l’ennesima crisi aziendale ha messo a rischio il futuro di tante lavoratrici. Davanti ai silenzi ed allo spegnersi dell’attività creativa e produttiva, queste donne hanno scelto di non scomparire nell’indifferenza. Hanno deciso di unirsi, di organizzarsi e di lottare insieme. Così è nata l’associazione Unicheunite: per resistere, per farsi sentire, per non essere lasciate sole

È una storia fatta di presidî, incontri pubblici, iniziative, ma soprattutto di determinazione collettiva. Una lotta portata avanti con intelligenza e coraggio, che ha saputo coinvolgere la città e creare alleanze. Dopo quasi due anni di incertezze e preoccupazioni, il 1 ottobre 2025 le luci dello storico stabilimento di La Perla in via Mattei a Bologna si sono accese di nuovo. Le prime 165 operaie hanno varcato i cancelli, ritrovando il ritmo dei macchinari e il profumo dei tessuti pregiati: un ritorno che è molto più di una ripresa produttiva, ma un segnale di speranza per il marchio e per la comunità locale.

Tra gioia e commozione, le operaie hanno ripreso il loro lavoro artigianale, simbolo di eccellenza e di resilienza. “Tornare qui oggi è come ritrovare un pezzo di vita che avevamo messo in pausa”, racconta una di loro, occhi lucidi ma sorridenti. La ripartenza non riguarda solo macchinari e produzioni, ma le storie delle donne che per anni hanno costruito l’anima del marchio, confermando che il Made in Italy non è solo qualità dei prodotti, ma anche dedizione delle persone che li realizzano.

Il silenzio e l’indifferenza rimangono uno dei maggiori nemici di chi subisce violenza, ecco perché è stata realizzata questa “spilla simbolo di resistenza e di solidarietà” formata dal disegno di sagome di donne, ritagliate da scarti di pizzo, che si tengono per mano formando un cuore, un simbolo forte di unione per reagire, per ricordare a tutti quanto Coop Reno sia attenta a questi temi. La Cooperativa sosterrà inoltre numerose iniziative sul territorio dedicate alla sensibilizzazione su tema.

“Occhi piccoli che videro molto” è il titolo di un tema scolastico di Veronica all’epoca sedicenne, “Tutto iniziò una bella giornata di agosto, io avevo 6 anni e mia mamma aveva appena conosciuto un nuovo ragazzo. Ero al settimo cielo, morivo dalla voglia di conoscere quello che pensavo sarebbe stato il mio futuro padre”. Il racconto prosegue descrivendo come la situazione familiare sia cambiata in peggio dopo l’arrivo del patrigno, il tema è diventato per la giovane uno strumento di denuncia e di liberazione, trasformando un compito scolastico in un atto di coraggio straordinario.

La storia di Veronica sottolinea anche l’importanza del ruolo degli insegnanti e delle scuole nella rilevazione precoce di situazioni di abuso. L’educazione diventa così un ponte verso la protezione, e la voce dei giovani può finalmente farsi ascoltare. Dopo che la Commissione cultura della Camera ha vietato l’educazione affettiva nelle scuole, Coop sostiene sempre di più la proposta di legge di iniziativa popolare “Diritto a stare bene”. Una legge che promuove l’istituzione di un servizio nazionale pubblico di psicologia nelle scuole, obbligatorio e permanente. Una legge che diventa anche un prezioso strumento di prevenzione contro la violenza di genere

Unisciti a Coop per sostenere il Diritto a Stare Bene: con un gesto semplice puoi sostenere la salute mentale come bene pubblico, accessibile a tutti.

Online: vai su dirittoastarebene.it/firma, accedi con SPID e in pochi minuti la tua firma sarà registrata. 

Anche una firma può diventare un modo per aiutare “piccoli occhi” che non possono continuare a vedere violenze.

Dall’ultimo report trimestrale del Ministero dell’Interno, aggiornato a settembre 2025 in Italia si registra un calo degli omicidi rispetto allo scorso anno, sia nel totale dei casi sia in quelli con vittime donne:. tale diminuzione, (da 91 a 73 ) tuttavia, non modifica un dato di fondo ormai consolidato: le donne vengono uccise meno frequentemente degli uomini, ma quando accade, ciò avviene soprattutto in ambito familiare o affettivo e nella maggior parte dei casi per mano del partner o dell’ex partner. Ogni giorno ci ritroviamo purtroppo a vedere in tv o sui giornali storie terribili. Chi ha avuto il coraggio di denunciare diventa un esempio da seguire come è stata Veronica con il suo tema, Associazione o fondazioni per fortuna si impegnano a contrastare questo fenomeno e a dare un aiuto concreto a chi vuole uscire dall’incubo in cui sono finite

La fondazione onlus “doppia difesa” ha pubblicato alcune di queste storie, eccone una “Mi chiamo Luisa, la mia storia inizia quando, passati i quarant’anni, conosco un uomo di poco più grande di me che si è mostrato, da subito e poi per un lungo anno, come il migliore che avrei mai potuto incontrare. Perfetto nelle attenzioni, nella sintonia, pieno di carinerie verso di me e verso la mia famiglia, apparentemente senza strategie e secondi fini, desideroso soltanto di costruire una famiglia con me.  Prima di vivere questa esperienza, quando leggevo di fatti di violenza pensavo fossero un rischio lontano, un’esperienza che non mi apparteneva, qualcosa che non mi avrebbe mai toccata.  Nei successivi cinque anni, mi sono invece ritrovata – giorno dopo giorno e quasi senza accorgermene – in una situazione trasformata. Ha cominciato a voler decidere solo lui su tutto: sull’organizzazione familiare e dei fine settimana, e persino sulla gestione delle mie questioni economiche, a dispetto della mia autonomia anche di guadagno. Ho iniziato a sentirmi soffocata dalla sua gelosia. Mi ha isolato dalle mie amicizie, che criticava tutte, senza distinzioni, e metteva in cattiva luce e offendeva pesantemente anche i miei genitori, che sono stati sempre discreti e mai invadenti.  Mi sentivo svilita, oltre che spaventata dalle accuse che mi rivolgeva e che nascevano, in modo pretestuoso, da futili motivi. Alla violenza verbale e psicologica è seguita quella fisica. Vivevo come dentro un frullatore, in cui la mancanza di rispetto, la costante vessazione, l’atmosfera sempre tesa, la crescente violenza di offese, minacce di morte, gesti intimidatori, scossoni, botte era ormai una costante della vita quotidiana. Per me e per il bambino che era nato nel frattempo. La paura mi aveva pietrificato, ero cupa, immobile, silenziosa, soggiogata. Mi tenevo tutto dentro, sentivo il peso del segreto che portavo nel cuore, mi vergognavo tremendamente di tutto ciò che succedeva; ritenevo – sbagliando – di doverlo nascondere, per continuare a mostrare all’esterno un’immagine di perfezione: un marito e un padre modello, una coppia felice, una famiglia armoniosa. Tutto questo mi costava uno sforzo immenso, a poco a poco ho perso l’entusiasmo, l’energia, il sorriso. Mi sentivo in trappola: la paura e la mancanza di amor proprio mi hanno portato ad accettare cose inaccettabili. Ho capito che da sola non ne sarei uscita. Ho chiesto aiuto. Mi sono rivolta ai carabinieri per far uscire di casa mio marito e alla Fondazione Doppia Difesa Onlus: dovevo spezzare le catene della sua manipolazione e della soggezione in cui vivevo. Così, persone competenti mi hanno accolto e ascoltato, dandomi la forza di prendere coscienza di quello che mi stava succedendo, di affrontarlo e di denunciare questi comportamenti. La denuncia è stata un modo per uscire definitivamente dalle sabbie mobili del mio isolamento e della mia passività, per ritrovare la normalità di una vita senza violenza, per poter crescere mio figlio in un ambiente sano e sereno”.

Storie come queste purtroppo non hanno sempre lo stesso epilogo, ecco perché è importante tenere alta l’attenzione su questo fenomeno.

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