Afghanistan Anno Zero: riportare l’attenzione su presente e futuro del popolo afghano

«Tenere alta l’attenzione sull’Afghanistan è un nostro dovere come cooperatori e cittadini, soprattutto ora che i riflettori sulla situazione del Paese cominciano a spegnersi. Ogni giorno i diritti e la sicurezza di donne, bambini e uomini afghani sono messi a repentaglio dal regime talebano. L’incontro che abbiamo promosso mette a confronto esperienze diverse di professionisti impegnati quotidianamente in questa emergenza, per aiutarci a comprendere cosa sta succedendo e in che modo possiamo dare un aiuto concreto». Con queste parole, il presidente di Legacoop Estense Andrea Benini ha introdotto l’iniziativa “Afghanistan Anno Zero. Presente e futuro del popolo afghano”, che si è svolta il 18 novembre nella Sala Convitto del Consorzio Factory Grisù. A portare la propria testimonianza, la corrispondente di guerra Barbara Schiavulli, la vicepresidente di Fondazione Pangea Onlus Simona Lanzoni e Francesco Camisotti, responsabile del settore Società e Diritti di cooperativa sociale CIDAS, in un dibattito moderato dalla giornalista Camilla Ghedini.

Barbara Schiavulli ha seguito i fronti caldi degli ultimi venticinque anni: oltre all’Afghanistan, anche Iraq, Israele, Palestina, Pakistan, Yemen, Sudan, Cile, Haiti, Venezuela, su cui ha realizzato servizi e articoli per quotidiani, TV e radio nazionali. Attualmente collabora con BCC arabic e dirige Radio Bullets. «L’Afghanistan oggi è un Paese senza società civile – ha spiegato Schiavulli – alcuni cittadini sono riusciti a fuggire o stanno fuggendo, altri restano nascosti temendo per la propria vita. È un Paese che già sta vivendo una grave crisi umanitaria, il 60% della popolazione rischia entro la fine dell’anno di non avere nemmeno un pasto al giorno. Un Paese che, dopo gli ultimi 20 anni di guerra, non merita di finire in questo modo. In questi anni abbiamo raccontato le storie di tante persone che sognavano un Paese diverso e adesso vivono chiuse in casa, di tante donne che oggi non possono più studiare né lavorare. Queste persone hanno innanzitutto bisogno di sopravvivere, ma anche di trovare qualcuno che permetta loro di avere di nuovo dei sogni».

Fondazione Pangea è una Onlus presente dal 2003 a Kabul con un circuito di microcredito e interventi di formazione, sostegno sostegno ed empowerment economico e sociale che hanno coinvolto oltre 7.000 donne afghane. «Il nostro progetto è malvisto dal regime talebano – ha spiegato la vicepresidente Simona Lanzoni – per cui la priorità è stata mettere in salvo, portandole in Italia, le collaboratrici afghane che, proprio a causa del loro attivismo, si erano esposte e rischiavano quindi violenze, stupri o addirittura la morte. Pangea continua però a essere presente sul campo in Afghanistan, grazie all’aiuto di altre donne con cui sta riprogrammando percorsi di microcredito ed empowerment, oltre ad aver aperto diverse case rifugio per mettere in sicurezza le persone che ancora non hanno lasciato il paese. Oggi più che mai ci serve il sostegno di tanti cittadini che comprendano il valore della nostra presenza sul campo, per questo ringraziamo Legacoop che, insieme alla sua Commissione pari opportunità, ha scelto fin dai primi giorni dell’emergenza umanitaria di promuovere e sostenere il nostro lavoro».

«CIDAS supporta le istituzioni nella gestione dei progetti territoriali di accoglienza, protezione ed integrazione di migranti e rifugiati» ha evidenziato Francesco Camisotti, responsabile del Settore Società e Diritti di CIDAS. «Siamo impegnati ogni giorno a fornire sostegno per le necessità primarie, ma anche per offrire loro percorsi formativi e di supporto che li rendano autonomi nell’intraprendere un nuovo percorso di vita. Per fare al meglio il nostro lavoro, dobbiamo avere uno sguardo, oltre che al locale, anche al resto del mondo e osserviamo con preoccupazione quanto sta accadendo lungo il confine orientale europeo e sulla cosiddetta rotta balcanica. Stiamo facendo la nostra parte per predisporre un’accoglienza adeguata per le famiglie, le donne e gli uomini che stanno cercando qui la salvezza, e continueremo a sviluppare tutti i progetti di prossimità che da sempre contraddistinguono il nostro modo di intendere l’asilo, come il progetto Vesta (www.progettovesta.com), attraverso cui si può accogliere un rifugiato nella propria casa, ricevere un minore in affido o si può assumerne la tutela volontaria». Camisotti ha poi riportato la toccante lettera scritta dal padre della famiglia afghana accolta a Ferrara da CIDAS: «Grazie per averci ospitato in un luogo sicuro. Il nostro cuore, la nostra anima e la nostra mente sono rimasti in Afghanistan. Tutti i nostri averi, la nostra casa e tutto ciò per cui abbiamo lavorato per tutta la vita sono rimasti in Afghanistan. Ogni volta che pensiamo al nostro Paese e alla nostra gente ci si riempiono gli occhi di lacrime».

Di seguito il TESTO INTEGRALE DELLA LETTERA

Buonasera a tutti e tutte.

Sono uno dei tanti rifugiati politici afghani e sono il padre di tre figli. Sono entrato in Italia con la mia famiglia con l’aiuto dell’esercito italiano, dopo la caduta di Kabul che ora è in mano ai talebani. Prima della presa di Kabul, vivevamo lì ed eravamo economicamente e socialmente benestanti ed eravamo in grado di aiutare mensilmente i bisognosi, dando aiuti economici e consegnando anche beni di prima necessità. Eravamo così soddisfatti delle nostre vite che, nonostante tutta l’insicurezza del clima che si respirava a Kabul, le esplosioni, i rapimenti, le rapine a mano armata e le minacce di morte, non eravamo disposti a lasciare l’Afghanistan, la nostra patria e con essa i nostri compatrioti. Ma il destino non ci ha permesso di rimanere e il paese è caduto nelle mani dei talebani, un gruppo crudele e selvaggio. In tutto il paese regnava un’atmosfera di paura, tanto che nessuno usciva di casa. Anche i malati che avevano bisogno di un medico e di un ospedale non uscivano di casa. I talebani, come lupi affamati, hanno attaccato tutte le case e saccheggiato le proprietà delle persone. Hanno anche attaccato la nostra casa, hanno distrutto e derubato tutto e alla fine hanno portato con loro anche le nostre due auto. È stata una notte terribile e nessuno di noi ha dormito fino al mattino. La mattina dopo, sono andato all’aeroporto di Kabul con la mia famiglia senza nemmeno prendere vestiti, soldi o documenti. Abbiamo passato due giorni senza cibo né acqua dietro i cancelli dell’aeroporto. Dozzine di persone sono state uccise durante quei due giorni. C’erano sparatorie continue dove le persone morivano ogni giorno sia per gli spari sia perché rimanevano schiacciate sotto la folla terrorizzata. Era orribile e non avevo mai visto niente di simile in tutta la mia vita. Dopo questi giorni difficili siamo arrivati ​​in aeroporto con l’aiuto delle forze italiane, e dopo due giorni siamo arrivati ​​in Italia in aereo.

Ringrazio il governo e il popolo italiano per l’ospitalità, l’aiuto e il comportamento amichevole. Grazie per averci ospitato in un luogo sicuro. Il nostro cuore, la nostra anima e la nostra mente sono rimasti in Afghanistan. Tutti i nostri averi, la nostra casa e tutto ciò per cui abbiamo lavorato per tutta la vita sono rimasti in Afghanistan. Ogni volta che pensiamo al nostro Paese e alla nostra gente ci si riempiono gli occhi di lacrime. Tuttavia, ringraziamo il governo, l’esercito e il popolo italiano per tutto il loro aiuto e la loro cooperazione.

Grazie.

Mohammad Naser

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RASSEGNA STAMPA

Intervista Barbara Schiavulli_IL RESTO DEL CARLINO FERRARA 16-11-2021

Estense.com 18 novembre

Estense.com 22 novembre

Telestense 21 novembre

 

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