“Smart Working di genere? No grazie”, un’indagine cooperativa

La Commissione Pari Opportunità di Legacoop Emilia-Romagna ha promosso un sondaggio a un campione significativo di cooperative per rilevare l’approccio allo smart working pre e post emergenza Covid. Prima della pandemia era richiesto soprattutto da donne (88% femmine e 12% maschi) per conciliare vita e lavoro; ora viene utilizzato in parti pressocché identiche da maschi e femmine (46% maschi, 54% femmine)

Bologna, 13 ottobre 2021 – Si intitola “Smart Working di genere? No grazie”, l’indagine della Commissione Pari opportunità di Legacoop Emilia-Romagna, i cui dati sono stati presentati questo pomeriggio a Bologna nel corso di un incontro che si è tenuto presso la sede della Fondazione Barberini e diffuso in streaming per consentire una più ampia partecipazione.

Focus del progetto, realizzato in collaborazione con Quadir – Scuola di Alta Formazione Cooperativa e cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna, è l’analisi delle ricadute sulla condivisione di genere dello smart working adottato durante l’emergenza Covid. Lo smart working in Italia è uno strumento di recente introduzione (L. 81/2017) e prima della pandemia rappresentava evidenti caratteristiche di genere, in quanto veniva richiesto soprattutto dalle donne al fine favorire la conciliazione vita-lavoro.

“Quello che emerge dall’indagine – sottolinea Federica Protti, responsabile Commissione Pari opportunità di Legacoop Emilia-Romagna – è che il lavoro a distanza ora viene richiesto da una percentuale pressoché identica di uomini e di donne, una circostanza che porta a ripensare e a ridisegnare l’insieme delle politiche aziendali e di conciliazione tra vita e lavoro”.

Questa situazione è confermata dal campione di cooperative interpellate. La ricerca ha coinvolto responsabili di risorse umane, direttrici e direttori di 23 cooperataive per un totale di oltre 80mila lavoratrici e lavoratori distribuite nel territorio regionale, di diverse dimensioni e appartenenti a tutti i settori. Prima dell’emergenza Covid lo smart working (SW) riguardava lo 0,26% della popolazione aziendale; durante la pandemia ha raggiunto il 7,9%, per attestarsi su un previsionale post Covid al 5,99%. In tempi pre Covid il 61% delle cooperative intervistate non applicava SW, e solo per il 4% era una scelta aziendale; post Covid le percentuali si ribaltano con un 57% di imprese favorevoli.

L’applicazione di uno SW “semplificato” durante la pandemia ha permesso di abbattere nella stragrande maggioranza delle imprese i pregiudizi sul lavoro agile, segnando una svolta irreversibile nell’organizzazione del lavoro con un superamento della differenza di genere nell’utilizzo di questi strumenti. In tempi pre Covid, rispetto al campione, il 100% delle richieste di SW proveniva dalle donne per motivi personali, familiari o di rientro dalla maternità e l’utilizzo era suddiviso tra un 88% di femmine e un 12% di maschi. La percentuale di genere post Covid registra un significativo riequilibrio, passando a un 54% di donne e un 46% uomini che lo utilizzano.

Altro dato di sicuro interesse lo si trova nella risposta alla domanda: “Ha funzionato lo smart working durante la pandemia?”. Nonostante l’applicazione forzata e non programmata, la risposta è stata positiva per il 91% delle imprese. Sono emerse e state tracciate best practices come: digitalizzazione, nuove piattaforme e potenziamento di quelle esistenti, scrivania senza carta, smart office, piattaforme, superamento del cartellino.

“Con l’uscita dallo stato di emergenza – aggiunge Federica Protti – lo SW potrebbe giocare un ruolo chiave nel ridefinire in maniera innovativa la dicotomia tra vita professionale e vita lavorativa, trasformandosi nell’occasione per incidere sulla gestione di genere del life work balance e favorire la condivisione del lavoro in ambito domestico e di cura. Oltre ad impattare sull’organizzazione e l’efficienza, lo smart working rappresenta anche un’opportunità per lavorare sulla cultura manageriale, sull’attrattività della cooperativa, sulla reputazione e l’identità del brand. Come Legacoop ci impegniamo per sostenere e accompagnare le associate in questo importante processo di rinnovamento creando e facilitando il confronto, programmando azioni formative, favorendo l’applicazione di strumenti di SW anche attraverso spazi di lavoro condivisi”.

“L’emergenza Covid ha imposto e accelerato l’adozione di modalità di lavoro agile – ha aggiunto Barbara Lepri, direttrice Legacoop Emilia-Romagna – introducendo nuovi modelli organizzativi aziendali che, non sempre consapevolmente, hanno offerto una risposta positiva alla richiesta di conciliare vita e lavoro. Attraverso lo smart working si pone sempre più al centro delle scelte aziendali il tema del buon lavoro, non solo per la componente femminile, anche per quella maschile. È una novità che va approfondita e che mostra come le proposte delle donne in tema di qualità del lavoro e della vita siano portatrici di contenuti positivi per l’insieme della società e per le imprese”.

All’iniziativa ha portato il suo contributo Barbara Lori, assessore Pari opportunità della Regione Emilia-Romagna. Oltre a Federica Protti e Barbara Lepri, interventi di Annalisa Casino, Commissione Pari opportunità Legacoop Nazionale; Mariagrazia Bonzagni, Comune di Bologna, responsabile progetto SmartBO; Patrizia Valdemarin, HR Project Manager Coopservice; Guido Ricci, presidente della cooperativa sociale La Lumaca di Modena.

Nella foto, da sx a destra: Barbara Lepri, Federica Protti, Guido Ricci, Mariagrazia Bonzagni, Patrizia Valdemarini

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