Il discorso di Ndileka Mandela

Emancipazione, Libertà, Diritti umani, Rispetto. Probabilmente sono le prime parole che ho sentito da bambina.

Sono stata cresciuta da mia nonna Evelyn, la prima moglie di Nelson Mandela,  una donna forte e dai solidi principi che ha incoraggiato Nelson Mandela a credere che potesse ambire a qualcosa di più del mestiere di mandriano.   Io sono la loro nipote più grande, figlia di Thembekile, primogenito di Nelson Mandela, morto in un incidente stradale all’età di 24 anni.   Un turista italiano ha perso la vita nello stesso incidente.  Questo in qualche modo mi fa sentire particolarmente vicina all’Italia.

Crescendo, sentivo sempre parlare di mio nonno. Un uomo che era in carcere perché credeva nella liberazione. L’ho conosciuto solo a 16 anni, quando il regime dell’apartheid mi ha permesso di andare a trovarlo per la prima volta a Robben Island. Da lì in poi il movimento di Liberazione è diventato lo scopo della mia vita.

Liberazione per mio nonno e i suoi compagni significava: combattere per affrancare il popolo sudafricano dagli oppressori, significava libertà di parola, libertà di movimento, libertà di scelta. Tutti, nessuno escluso, devono rispettare questi valori. Il Sudafrica, come il resto del mondo democratico, è riuscito solo in parte a realizzarli.   

Oggi la Liberazione comporta molto di più del diritto di voto!   Oggi dobbiamo liberare i bambini soldato cui non resta altra scelta che impugnare le armi per combattere una guerra che non comprendono, giovani donne costrette alla circoncisione femminile, uomini e donne prigionieri di un matrimonio o di una relazione fondati sull’abuso. Bambini che non sono liberi di andare a scuola ma vengono venduti per lavorare come schiavi. Uomini e donne che non sono liberi di amare chi vogliono. Il mondo in cui viviamo è ancora soggetto al dominio dei Super Poteri di quei paesi che, insinuandosi nella nostra vita privata, promettono di liberarci ma raramente lo fanno. Mio nonno nutriva grande rispetto per Fidel Castro e Che Guevara, e si è lasciato ispirare da loro per liberare il proprio popolo.

E poi l’Emancipazione è meravigliosa è la libertà di passeggiare nella natura, di leggere un libro nel tuo posto preferito, la libertà di dare vita a un movimento   e, soprattutto, di essere in pace con sé stessi. Di poter cantare e ballare.  

Negli anni dell’apartheid la musica ha ricoperto un ruolo importante nella nostra lotta per la libertà. Tramite la musica il nostro popolo ha potuto dar voce alla rabbia, alla frustrazione, al dolore della prigionia e alla speranza.   Musicisti come Hugh Masikela, Jonas Gwanga, Miriam Makeba, Johnny Clegg e mio fratello Dan Chiorboli tramite la musica hanno potuto dire al mondo che i sudafricani chiedevano la libertà.  

Oggi possiamo avvalerci di questa splendida collaborazione fra il Sudafrica e altri paesi e, come ci ha insegnato Mandela, celebriamo la liberazione, la pace e il rispetto per l’ambiente la gioia di poter cantare e ballare.  

Non dobbiamo mai dimenticare chi non ha voce.  Ci auguriamo che il mondo, tramite le canzoni e il messaggio di questo festival, ascolti la loro causa.  

Dan, siamo così orgogliosi di te per questa iniziativa.

Desidero ringraziare Legacoop Estense, il presidente Andrea e Francesca, le cooperative che hanno promosso e sostenuto questo progetto, i soci delle cooperative che sono qui stasera per celebrare il Coopsday; la Città di Ferrara: il Consorzio Factory Grisù, che ha supportato l’organizzazione di questo evento; tutte le persone e le organizzazioni che ho incontrato e incontrerò in questi giorni e hanno contribuito a realizzare un calendario ricco di iniziative; i miei interpreti Adam e Monica

Sono onorata di poter trasmettere il messaggio di mio nonno a tutti voi.  

Vi saluto con una delle frasi più note di mio nonno: “Fate scelte che riflettano le vostre speranze, non le vostre paure”  

Arrivederci e grazie.

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