La Sacca di Goro alla prova del granchio blu
Storia di Eugenio Ciccone, illustrazione di Alessandro Ferrari

Arrivando da Ferrara il comune di Goro sembra lontanissimo, ai confini più remoti della provincia. Lo raggiungi attraversando prima il copparese, superando poi la noia piatta e monotona della Gran linea, il vuoto spinto della bassa ferrarese che lascia il posto alla vegetazione fittissima del Boscone della Mesola. Laggiù dove la pianura incrocia le prime lingue d’acqua nel Delta del Po, la comunità di pescatori locale assiste da secoli allo scorrere lento del tempo, ai ritmi del mare, e alle difficoltà di un mondo che cambia un giorno per l’altro, rimettendo tutto in discussione.

Nella linea del tempo del Consorzio Pescatori di Goro c’è un prima e un dopo importante, un passaggio storico che ha cambiato le regole del gioco e costretto a ripensare tutto in fretta, come una squadra che abituata da sempre a vincere si ritrova all’improvviso a subire, dovendo riorganizzare prima la difesa e poi il contrattacco.

Una storia iniziata quasi un secolo fa, quando nel 1931 nasce la prima Cooperativa Pescatori di Goro, che ha iniziato a gestire il mercato ittico all’ingrosso di tutto il pescato della zona. Parliamo di vongole veraci, oltre che cozze, ostriche e altri molluschi, ma il monumento all’ingresso del paese non lascia spazio a dubbi: Goro è per eccellenza il paese della vongola. Talmente noto da diventare luogo leggendario in tutto il mondo, a partire ad esempio da Napoli, dove è materia prima insostituibile nei piatti di migliaia di ristoranti. Cameriere, ma sono buone queste vongole? Signò, certamente, quelle vengono da Goro, sono le migliori!

La vongola verace di Goro è un mollusco bivalve con una robusta conchiglia ovale e sottili striature, grande dai 3 ai 5 centimetri. Il colore varia dal bianco al grigio, dal giallo al nero per le vongole di dimensioni maggiori. La pesca avviene ogni mattina, tutto l’anno, si esce con piccole barche dal porto e si raggiunge la Sacca di Goro, con la pioggia, il vento, la nebbia fitta o il sole di agosto. Suddivisa in campi di diverse metrature e con diverse produttività, la Sacca è una delle lagune salmastre di maggiori dimensioni dell’Alto Adriatico: circa 2000 ettari tra l’argine del Po di Goro, vicino al mitico faro dell’Isola dell’Amore e la punta dello Scannone, che delimita il confine con il mare aperto a sud. Con l’introduzione di allevamenti su fondo e in sospensione e con l’inizio della commercializzazione di molluschi su scala nazionale ed internazionale, il Consorzio è andato dunque a costruire un complesso ed avanzato sistema di acquacoltura.

Tutti a Goro si dedicano alla pesca delle vongole, in barca ci sali da piccolino trascinato dal papà, dallo zio, dal nonno.

La passione e la dedizione si tramandano da generazioni e in tanti appena possibile scelgono di stare in mare e dedicarsi ad un commercio che negli anni ha visto ricavi via via in crescita fino a pochi anni fa. “Mio figlio l’ho portato in barca che aveva appena quattro anni” racconta Massimo Genari, oggi direttore generale del Consorzio dopo tre mandati come Presidente. Più che un dirigente una colonna, instancabile punto di riferimento per tutta la filiera di produzione, dalla raccolta all’organizzazione dello stabilimento e della distribuzione. “Il mio ufficio è il mare, c’è sempre qualcosa da fare in giro, non si fa certo questo mestiere dietro ad una scrivania”, mi dice sorridendo.

Dopo aver vissuto a Ferrara durante gli studi al Marco Polo, Massimo è entrato in Consorzio a 19 anni, seguendo le orme del padre: dopo il diploma da subito si è interessato agli aspetti amministrativi e commerciali, così ad appena 26 anni è diventato consigliere e poi a 29 Presidente, e lo è rimasto per ben quattro mandati. A giugno del 2023 ha lasciato il suo posto a Thomas Turolla per diventare direttore generale, appena un attimo prima dell’arrivo di un ospite che nessuno aveva calcolato, invitato e previsto. Un ospite che ha sconvolto ogni cosa in un battibaleno.

La pesca risente spesso dei cambiamenti climatici e così le stagioni sempre più calde, poi la siccità, infine un’alluvione sono le probabili cause che hanno portato nel 2023 ad una proliferazione del famigerato granchio blu (Callinectes sapidus) nella Sacca di Goro. Una specie aliena e invasiva, proveniente dalle coste atlantiche delle Americhe, già presente in zona ma solo in pochi esemplari. Basta fermarsi per un po’ lungo le banchine del porticciolo di Goro per notare un viavai continuo di barche che scaricano interi secchi di granchi piuttosto inferociti. Le femmine le riconosci perché hanno il ventre carico di uova gialle e spugnose e saranno di fatto inutilizzabili per scopi alimentari. Il granchio blu ha chele molto forti e si nutre attivamente di molluschi bivalvi: scava nella sabbia o nel fango per cercare le vongole, rompe i gusci e le mangia, devastando in poche ore interi vivai. Nel giro di un’estate ha ridotto drasticamente la resa produttiva e costretto i pescatori a spese extra per difendersi, risolvendo solo in parte il problema. Il Governo ha preso alcune misure straordinarie e nominato un Commissario per quest’emergenza, gli aiuti hanno compensato in parte i danni ma l’intero settore ha visto un crollo di fatturato enorme, tra il 70 e l’80% un anno per l’altro.

Oggi la Sacca è in parte recintata nelle zone di pesca, con griglie a maglie fitte che limitano il più possibile l’ingresso del granchio ma il problema è così complesso che è stato chiaro molto presto che conveniva vederlo come un’opportunità. Così ecco un intero settore dello stabilimento riconvertito dalla pulizia delle vongole a quella dei granchi: è lo stabulario, dove arriva il pescato ogni giorno e i molluschi finiscono nell’impianto di depurazione, controllo e rifinitura per essere poi confezionati in vario modo.

 

Dunque il futuro della nostra costa saranno ristoranti con menù di granchio? Non esattamente. Sebbene da subito il granchio blu sia stato introdotto nelle grigliate di pesce e in alcuni primi di mare, il suo gusto non è certo gradito come le vongole, almeno dalle nostre parti, oltre ad avere un valore di mercato del tutto inferiore. Ma il tempo è una ruota che gira, ed è ora di scrivere un nuova storia per il Co.Pe.Go, aprendo a nuovi mercati. In America e in Oriente il granchio è un piatto molto richiesto, e mentre mi aggiro per lo stabilimento una ventina di operaie sono già intente ad impacchettare centinaia di scatoloni, pieni di esemplari maschi perfettamente ripuliti, un primo lotto in partenza per la Corea. Nuovi scenari, nuove regole del gioco, a breve persino un nuovo stabilimento, da costruire proprio dietro l’attuale, che rimarrà invece in parte dedicato all’alieno invasore. Chi poteva immaginarlo, appena pochi anni fa?

 

Massimo è fiducioso, la storia del Consorzio si trova davanti ad uno snodo cruciale, non di certo alla pagina finale, e con la forza e la tenacia che da sempre contraddistinguono i suoi soci supereranno anche questa. Vedremo mai un granchio di pietra prendere il posto delle due vongole di pietra all’ingresso del paese? Siamo sicuri di no.

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